Nell’ambito della socialità, la discriminazione può manifestarsi ad esempio quando, durante un colloquio, un’assistente sociale utilizza epiteti razzisti nei confronti di un cliente oppure quando a una persona in difficoltà vengono rifiutate prestazioni sociali per motivi razzisti.
La Costituzione federale garantisce a ogni persona nel bisogno i mezzi e l’assistenza indispensabili per un’esistenza dignitosa (art. 12 Cost.). Gli obiettivi sociali della Costituzione prevedono anche che ognuno sia reso partecipe della sicurezza sociale (art. 41 cpv. 1 lett. a Cost.). Da questi obiettivi non derivano tuttavia diritti concreti a prestazioni. In Svizzera, il sistema di sicurezza sociale include le assicurazioni sociali (di competenza della Confederazione), l’aiuto sociale e il soccorso d’emergenza (di competenza rispettivamente dei Cantoni e dei Comuni). Le assicurazioni sociali definiscono nelle loro basi legali le condizioni per avere accesso e diritto alle prestazioni. Con un’adeguata motivazione, possono stabilire disparità di trattamento, ad esempio tra assicurati svizzeri e stranieri, senza incorrere in una discriminazione ingiustificata. Sono inoltre vincolate al divieto di discriminazione sancito dalla Costituzione federale (art. 8 cpv. 2 Cost.). L’aiuto sociale e il soccorso d’emergenza sono invece forme di aiuto in funzione del bisogno destinate a tutte le persone in stato di necessità che si trovano sul territorio svizzero. Il loro scopo è aiutare chi è in stato di bisogno, a prescindere dalla nazionalità o dallo statuto di soggiorno e tenendo conto della situazione particolare e delle esigenze specifiche delle persone vulnerabili (principio di individualizzazione).
Approfondimento
Art. 8 Cost. – Uguaglianza giuridica
1 Tutti sono uguali davanti alla legge.2 Nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell’origine, della razza, del sesso, dell’età, della lingua, della posizione sociale, del modo di vita, delle convinzioni religiose, filosofiche o politiche, e di menomazioni fisiche, mentali o psichiche.
3 Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza, di diritto e di fatto, in particolare per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore.
4 La legge prevede provvedimenti per eliminare svantaggi esistenti nei confronti dei disabili.
Commento
Il principio generale dell’uguaglianza giuridica (cpv. 1) e il divieto generale di discriminazione (cpv. 2) sono rilevanti ai fini della lotta contro la discriminazione razziale. Si tratta di diritti costituzionali che possono essere invocati da tutte le persone fisiche (privati), indipendentemente dalla loro cittadinanza. Il principio generale dell’uguaglianza giuridica (cpv. 1) vale anche per le persone giuridiche (imprese, società di capitali, associazioni, fondazioni ecc.).
L’art. 8 Cost. interessa tutti i livelli statali (Confederazione, Cantoni, Comuni e altri enti amministrativi) e comprende sia la legislazione che l’applicazione del diritto. Il disciplinamento è tuttavia vincolante unicamente per lo Stato; tra privati è applicabile soltanto in misura molto limitata.
L’uguaglianza giuridica secondo il cpv. 1 non ha valore assoluto. In presenza di motivi obiettivi, una disparità di trattamento può essere legittima e ammessa, se non addirittura necessaria. L’aiuto sociale prevede, ad esempio, prestazioni diverse a seconda dello statuto di soggiorno.
Il divieto di discriminazione secondo il cpv. 2 rappresenta un «principio di uguaglianza particolare» e costituisce in pratica l’essenza dell’art. 8 Cost. Per una disparità di trattamento fondata su una delle caratteristiche menzionate è richiesta una giustificazione qualificata. Questo significa che la disparità di trattamento deve essere nell’interesse pubblico e proporzionata allo scopo (cfr. art. 36 Cost.). Il divieto non presuppone un’intenzione discriminatoria e interessa sia le discriminazioni dirette che quelle indirette.
Approfondimento
Discriminazione indiretta
Si è in presenza di una discriminazione indiretta quando basi legali, politiche o pratiche apparentemente neutre sfociano in una disparità di trattamento illegittima.
Secondo il Tribunale federale, è data «una discriminazione indiretta [...] quando una regolamentazione che non contiene disposizioni manifestamente svantaggiose per gruppi protetti contro la discriminazione svantaggia però pesantemente nei fatti gli appartenenti a uno di questi gruppi senza alcuna giustificazione obiettiva». (DTF 129 I 217 consid. 2.1 pag. 224).
Approfondimento
Discriminazione diretta
Secondo il Tribunale federale si è in presenza di discriminazione diretta se una persona subisce una disparità di trattamento dovuta soltanto alla sua appartenenza a un gruppo che in passato è stato tendenzialmente emarginato e trattato come inferiore e lo è tuttora. L’Alta corte ritiene che la discriminazione rappresenti un tipo qualificato di disparità di trattamento di persone in situazioni paragonabili, in quanto svantaggia una persona in maniera umiliante ed emarginante unicamente a causa di un tratto distintivo che costituisce una parte determinante della sua identità e che non può essere abbandonato o può esserlo soltanto difficilmente. La discriminazione tocca pertanto anche aspetti della dignità umana. (DTF 126 II 377 consid. 6a pag. 392 seg.).
La discriminazione diretta va distinta dalla disparità di trattamento dovuta a criteri o motivi legittimi.
L’elenco delle caratteristiche di cui al cpv. 2 non è esaustivo. Per origine s’intende l’origine geografica, etnica, nazionale o culturale che ha plasmato l’identità del soggetto. Le differenziazioni a seconda della cittadinanza sono rette in primo luogo dal cpv. 1. Nel termine «razza», oggi alquanto obsoleto nell’Europa continentale, sono sussunte caratteristiche quali il colore della pelle o l’origine. Le caratteristiche lingua e convinzioni sono disciplinate anche in altri articoli (art. 18 Cost., libertà di lingua; art. 15 Cost., libertà di credo e di coscienza e art. 16 Cost., libertà d’opinione e d’informazione).
Secondo il Tribunale federale, il rifiuto di accordare una prestazione sociale può indirettamente inibire l’esercizio di altri diritti fondamentali e sfociare così in una lesione di fatto dei diritti fondamentali (DTF 113 V 22, consid. 4d) Maggiori informazioni sulla discriminazione da parte delle assicurazioni sociali