Per acquisire la cittadinanza svizzera sono necessarie l’autorizzazione della Confederazione, rappresentata dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM), e l’approvazione del Cantone e del Comune di domicilio. Sia nella procedura di naturalizzazione che nella decisione di naturalizzazione moventi discriminatori possono sfociare in disparità di trattamento o nel rigetto della domanda.
Le condizioni materiali per ottenere l’autorizzazione della Confederazione sono elencate all’art. 11 LCit. Le autorità verificano se il richiedente si è integrato con successo nella comunità svizzera (lett. a), se si è familiarizzato con le condizioni di vita svizzere (lett. b) e se non compromette la sicurezza interna o esterna del Paese (lett. c). I criteri d’integrazione sono enumerati all’art. 12 LCit.
Nel quadro della Costituzione federale, i Cantoni e i Comuni possono decidere in piena autonomia se applicare gli stessi requisiti della Confederazione o prevederne di più o meno severi. Di regola è richiesta una durata di soggiorno cantonale e comunale minima da due a cinque anni (art. 18 LCit). Spesso però sono poste condizioni più severe, per esempio l’«autosufficienza economica». Per la naturalizzazione, Confederazione, Cantoni e Comuni riscuotono emolumenti che possono al massimo coprire le spese procedurali (art. 35 LCit). Tra i singoli Cantoni e Comuni gli emolumenti variano anche sensibilmente.
I giovani della terza generazione che sono nati in Svizzera e che vi hanno frequentato la scuola dell’obbligo per almeno cinque anni possono ottenere, a determinate condizioni, la naturalizzazione agevolata (art. 24a LCit). Anche i figli di un genitore naturalizzato (art. 24 LCit), i minorenni apolidi (art. 23 LCit) e il coniuge di un cittadino svizzero (art. 21 LCit) possono presentare una domanda di naturalizzazione agevolata. Non hanno per contro diritto alla naturalizzazione agevolata le persone che vivono in unione domestica registrata con un cittadino svizzero. Per loro vigono però condizioni meno severe per quanto riguarda la durata del soggiorno rispetto a quelle previste dalla procedura ordinaria (art. 10 LCit).
Contro le discriminazioni nella procedura di naturalizzazione è applicabile soprattutto l’art. 8 cpv. 2 Cost. La disposizione vieta alle autorità di negare la naturalizzazione soltanto o prevalentemente a causa della regione di provenienza, del colore della pelle, della fede religiosa, del nomadismo o di altri motivi discriminatori. I link sottostanti rinviano a ulteriori norme in materia.
Approfondimento
Art. 8 Cost. – Uguaglianza giuridica
1 Tutti sono uguali davanti alla legge.2 Nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell’origine, della razza, del sesso, dell’età, della lingua, della posizione sociale, del modo di vita, delle convinzioni religiose, filosofiche o politiche, e di menomazioni fisiche, mentali o psichiche.
3 Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza, di diritto e di fatto, in particolare per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore.
4 La legge prevede provvedimenti per eliminare svantaggi esistenti nei confronti dei disabili.
Commento
Il principio generale dell’uguaglianza giuridica (cpv. 1) e il divieto generale di discriminazione (cpv. 2) sono rilevanti ai fini della lotta contro la discriminazione razziale. Si tratta di diritti costituzionali che possono essere invocati da tutte le persone fisiche (privati), indipendentemente dalla loro cittadinanza. Il principio generale dell’uguaglianza giuridica (cpv. 1) vale anche per le persone giuridiche (imprese, società di capitali, associazioni, fondazioni ecc.).
L’art. 8 Cost. interessa tutti i livelli statali (Confederazione, Cantoni, Comuni e altri enti amministrativi) e comprende sia la legislazione che l’applicazione del diritto. Il disciplinamento è tuttavia vincolante unicamente per lo Stato; tra privati è applicabile soltanto in misura molto limitata.
L’uguaglianza giuridica secondo il cpv. 1 non ha valore assoluto. In presenza di motivi obiettivi, una disparità di trattamento può essere legittima e ammessa, se non addirittura necessaria. L’aiuto sociale prevede, ad esempio, prestazioni diverse a seconda dello statuto di soggiorno.
Il divieto di discriminazione secondo il cpv. 2 rappresenta un «principio di uguaglianza particolare» e costituisce in pratica l’essenza dell’art. 8 Cost. Per una disparità di trattamento fondata su una delle caratteristiche menzionate è richiesta una giustificazione qualificata. Questo significa che la disparità di trattamento deve essere nell’interesse pubblico e proporzionata allo scopo (cfr. art. 36 Cost.). Il divieto non presuppone un’intenzione discriminatoria e interessa sia le discriminazioni dirette che quelle indirette.
Approfondimento
Discriminazione indiretta
Si è in presenza di una discriminazione indiretta quando basi legali, politiche o pratiche apparentemente neutre sfociano in una disparità di trattamento illegittima.
Secondo il Tribunale federale, è data «una discriminazione indiretta [...] quando una regolamentazione che non contiene disposizioni manifestamente svantaggiose per gruppi protetti contro la discriminazione svantaggia però pesantemente nei fatti gli appartenenti a uno di questi gruppi senza alcuna giustificazione obiettiva». (DTF 129 I 217 consid. 2.1 pag. 224).
Approfondimento
Discriminazione diretta
Secondo il Tribunale federale si è in presenza di discriminazione diretta se una persona subisce una disparità di trattamento dovuta soltanto alla sua appartenenza a un gruppo che in passato è stato tendenzialmente emarginato e trattato come inferiore e lo è tuttora. L’Alta corte ritiene che la discriminazione rappresenti un tipo qualificato di disparità di trattamento di persone in situazioni paragonabili, in quanto svantaggia una persona in maniera umiliante ed emarginante unicamente a causa di un tratto distintivo che costituisce una parte determinante della sua identità e che non può essere abbandonato o può esserlo soltanto difficilmente. La discriminazione tocca pertanto anche aspetti della dignità umana. (DTF 126 II 377 consid. 6a pag. 392 seg.).
La discriminazione diretta va distinta dalla disparità di trattamento dovuta a criteri o motivi legittimi.
L’elenco delle caratteristiche di cui al cpv. 2 non è esaustivo. Per origine s’intende l’origine geografica, etnica, nazionale o culturale che ha plasmato l’identità del soggetto. Le differenziazioni a seconda della cittadinanza sono rette in primo luogo dal cpv. 1. Nel termine «razza», oggi alquanto obsoleto nell’Europa continentale, sono sussunte caratteristiche quali il colore della pelle o l’origine. Le caratteristiche lingua e convinzioni sono disciplinate anche in altri articoli (art. 18 Cost., libertà di lingua; art. 15 Cost., libertà di credo e di coscienza e art. 16 Cost., libertà d’opinione e d’informazione).